Presentazione di Max S.P.
Non credo che si possa viaggiare nel tempo, credo che stiamo viaggiando nel tempo !!!
Sin da quando ero bambino, la domanda che mi angosciava, ma nello stesso
momento mi affascinava, e alla quale non sapevo rispondere era: ” perché
siamo in questo mondo ” ?
Il mio catechista, a questa domanda rispondeva così: “Dio solo sa la
verità, noi siamo chiamati a servire Dio e aiutarci l’uno con l’altro. Questa
non è la vera vita, e questo mondo è solo di transizione, la vera vita è quella
che verrà”.
Certo è facile dire queste parole ad un bambino di 10 anni, ma è difficile
farlo accettare ad un bambino con una grande immaginazione, con tanti perché.
Intanto crescevo, è la domanda rimaneva senza alcuna risposta, anche perché
pensare sempre con insistenza alla stessa cosa, spesso porta a pensare cose che
allontanano il pensiero dalla domanda iniziale. Subentra la stanchezza,
l’ignoranza, la quotidianità delle cose e l’isolamento. Ecco sono questi due
punti che vorrei mettere a fuoco. Io penso che noi tutti sin da bambini ci
siamo posti questa domanda, e come è accaduto a me, anche voi avete ricevuto,
magari con sfumature diverse, la stessa risposta, poi il tempo passa e la
quotidianità delle cose, ossia mangiare, dormire, imparare migliaia di nozioni,
conoscere persone, mettere su una famiglia, avere dei bambini, parlare di
politica, e così via, offuscano la domanda che noi tutti ci siamo posti, almeno
una volta nella vita. Perché siamo in questo mondo ?
Sembra quasi che quando si cresce, ci si rassegna e non si da più importanza
alla domanda del bambino di 10 anni, si fa solo trascorrere il tempo. Bisogna
correre, essere competitivi, guadagnare ”una barca di soldi”, avere potere,
perché nella realtà in cui viviamo, siamo qualcuno solo se consumiamo, solo se
qualcuno parla di noi.
Penso, che questo comportamento è dovuto al fatto che non siamo in grado di
darci una risposta alla domanda del bambino di 10 anni che è segregato nella
nostra mente, e che ci rendiamo conto di quanto siamo piccoli nei confronti
dell’universo e nella nostra solitudine abbiamo bisogno di accettare questa
inferiorità chiudendoci e facendoci forza, tutti insieme, nel mondo della
quotidianità. Questo senso di isolamento nasce quando cerco di parlare del
senso della vita. Altri si mascherano dietro le dottrine religiose e ripetono
quasi come dire a “pappagallo” la risposta del mio catechista.
E’ difficile dialogare, specialmente con persone che non vogliono dialogare,
perché dialogare significa mettere a nudo le proprie idee, senza veli, pronti a
mettere in gioco i capisaldi delle proprie convinzioni. Ognuno pensa di avere
ragione e che non può imparare niente dagli altri. “Chi sei tu per dire
questo ?”, spesso mi sento dire. Come se per dire qualcosa o meglio ancora
per pensare a qualcosa di nuovo bisogna essere un grande e affermato luminare o
chi sa cos’altro, altrimenti non hai diritto alla parola, non hai diritto a
scuotere le struttura portanti della nostra società.
“Ok, mi rispondo”, certo questo è uno modo di affrontare le cose,
sbagliato o giusto che sia, è un modo, ma io ne preferisco un’altro. Preferisco
confrontarmi, magari con molta diplomazia, in modo tale da conoscere altri modi
di vedere il mondo.
In questa ricerca conobbi Fabio, un ragazzo strano, un po’ messo in disparte
dagli altri, ma il caso o come altri preferiscono chiamare il destino, ebbi
l’occasione di passare in sua compagnia ben 9 mesi di servizio militare e di
parlare del più e del meno e soprattutto del senso della vita. Fu allora che
cominciai a scuotere le fondamenta della mia quotidianità e più lo ascoltavo,
riorganizzando a volte le sue idee e più mi rendevo conto di quanto le cose
possano essere più semplici di quello che siano. La stranezza ben presto si
trasformò in stima perché, anche lui, come me era alla ricerca della risposta
alla domanda del bambino di 10 anni.
In una lettera a proposito di questa prefazione che state leggendo mi scrisse:
“perché pensiamo ? Non sarebbe più logico se noi fossimo come tutti gli
altri ‘animali’ del creato ? Invece le cose non stanno così. Ecco, allora delle
persone che cercano di ‘emulare’ il pensiero umano con dei modelli matematici
al computer chiamati ‘intelligenza artificiale’. Ma il pensiero è legato al
nostro corpo, oppure esiste davvero qualcosa di immateriale? Non c’è nulla di
più profondo del pensiero che cerca di capire se stesso, perché se il pensiero
è sintomo di intelligenza, allora quanto più intelligente appare il pensiero
che studia ‘il pensiero’. Entriamo in un gioco ricorsivo che elude ogni modello
matematico perché appellarsi al pensiero per studiare il pensiero significa
aver finito le risorse. Gli ‘informatici’ sanno bene che la ‘ricorsione’
implica una definizione di base……e questa definizione di base la potremmo
interpretare come l’anima, ovvero la radice di partenza del pensiero.”
Ed io replicando gli scrissi: “Mi piace pensare che l’anima sia la
definizione di base del pensiero dato che la parola anima viene da animare
ossia dare vita. “
Sono questi i concetti, i punti di vista le riflessioni che mi piace
approfondire e questo libro è un percorso comune di idee e riflessioni. Ancora
oggi non so perché siamo in questo mondo e accetto la quotidianità come
consapevolezza dell’essere sociale, e attraverso questo libro tento si scoprire
se non il senso della vita, la strada che mi porta ad esso.
Non conosco il senso della vita, ma è compito di ognuno di noi, capire dove ci
stiamo avviando e quali sono le leggi che governano il mondo. Siamo tutti dei
viaggiatori del tempo e il nostro pianeta Terra è la nostra astronave.